02 febbraio, 2008

A trenta anni dalla Legge 194: l'aborto, una questione ancora aperta

Movimento per la Vita di Perugia

Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve

Ufficio diocesano di Pastorale familiare

Forum delle Associazioni Familiari dell’Umbria

Consultorio Familiare diocesano

Convegno in occasione della XXX Giornata per la Vita

SERVIRE LA VITA, MISURA DI CIVILTÀ
Sabato 23 febbraio 2008 ore 16,30
Sala Lippi Corso Vannucci, 39 Perugia
Sede Unicredit Banca

A trenta anni dalla Legge 194: l’aborto, una questione ancora aperta








28 gennaio, 2008

FORUM DELLE ASSOCIAZIONI FAMILIARI PER LA REGIONE UMBRIA

PROPOSTA DI LEGGE REGIONALE DI INIZIATIVA POPOLARE

Disposizioni per la promozione e la tutela della famiglia

Art. 1 - Principi e finalità
1. La Regione Umbria, in osservanza dei principi sanciti dagli articoli 2, 3, 29, 30 e 31 della Costituzione e al fine di dare piena attuazione ai principi contenuti negli articoli 12 e 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, riconosce la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna quale nucleo fondante della società e quale soggetto sociale e politicamente rilevante a pieno titolo. E’ parimenti considerato famiglia il nucleo formato da persone unite da vincoli di parentela o di affinità

2. La famiglia costituisce l’ambito fondamentale di riferimento per tutti gli interventi, pubblici e privati, inerenti la salute, l’assistenza, l’educazione e la sicurezza sociale.
3. La Regione promuove un’organica ed integrata politica di supporto al nucleo familiare al fine di sostenere la famiglia nello svolgimento delle sue funzioni sociali. In particolare le politiche predisposte dalla Regione sono finalizzate a:
a) favorire il mantenimento e lo sviluppo di uno stretto rapporto tra le generazioni nelle diverse forme in cui esso si può realizzare;
b) implementare specifici interventi in favore di situazioni di particolare disagio causate da problemi economici o dalla presenza di persone prive di autonomia fisica e/o psichica;
c) favorire la conciliazione delle esigenze professionali con quelle familiari;
d) riconoscere l’essenzialità del lavoro casalingo quale attività fondamentale per la vita delle famiglie e, quindi, della società.
4. La Regione tutela la vita sin dal concepimento in tutte le sue fasi, con particolare attenzione alla gestante; ai fini degli interventi previsti dalla presente legge il concepito è considerato componente della famiglia.
5. La Regione si impegna per l’attuazione delle politiche di sostegno alla famiglia al rispetto dei principi di solidarietà, sussidiarietà e reciprocità nelle relazioni familiari.
Art. 2 – Interventi per le famiglie in formazione
1. La Regione, in attuazione del disposto dell’art. 31 della Costituzione, favorisce la nascita di nuove famiglie con azioni finalizzate a facilitare il matrimonio, la procreazione e l’educazione dei figli.
2. Al fine di rendere i nubendi pienamente consapevoli della grande dignità civile del matrimonio e per prepararli adeguatamente alla conoscenza e alla condivisione dei diritti e dei doveri scaturenti dal matrimonio sia verso il coniuge che verso la prole come previsti dal vigente Codice Civile e dalle leggi complementari in materia di famiglia, la Regione e i Comuni promuovono l’istituzione di appositi corsi di preparazione al matrimonio da tenersi ad opera dei consultori pubblici o accreditati e dei Comuni, anche mediante convenzione con altri enti o strutture specializzati in materia di famiglia.
3. Per agevolare l’accesso alla prima casa la Regione
a) fornisce idonea garanzia fideiussoria alle giovani coppie che non siano in grado di fornire autonomamente garanzie agli istituti di credito per l’erogazione di mutui per l’acquisto della prima casa;
b) riconosce un finanziamento finalizzato all’abbattimento del tasso di interesse nella misura massima del 3,5 percento sui mutui all’uopo contratti;
c) assicura per la durata di cinque anni un contributo mensile per il pagamento del canone di locazione dell’abitazione coniugale in misura pari al massimo al 25 percento dell’importo dovuto. 4. Per fruire dei benefici di cui al comma 3, le coppie debbono essere sposate o comunque in procinto di sposarsi. Qualora le coppie non contraggano matrimonio entro un anno dal conseguimento del contributo, perdono il beneficio e sono tenute alla restituzione di quanto percepito. I richiedenti non devono essere proprietari di altro alloggio qualificabile adeguato ai sensi della normativa in vigore. L’alloggio, oggetto delle agevolazioni, deve possedere i seguenti requisiti:
a) non essere di lusso ai sensi della normativa vigente;
b) non avere superficie utile superiore a mq 80 da incrementarsi di mq 10 per ogni componente del nucleo familiare.
5. Con esclusione delle esigenze legate all’acquisto della prima casa o alla locazione della casa coniugale di cui al comma 3, per favorire l’erogazione di finanziamenti alle “famiglie in formazione”, così come definite dal comma 5, la Regione riconosce un contributo, per l’abbattimento dei tassi di interesse fino a raggiungere un tasso massimo pari al 2 percento in meno dell’indice EURIBOR, sui prestiti fino a euro 30.000,00 erogati alle “famiglie in formazione” per soddisfare le esigenze familiari collegate o conseguenti al matrimonio, opportunamente documentate.
6. Ai fini del riconoscimento dei benefici previsti dal presente articolo per “famiglie in formazione” si intendono quelle che:
a) contraggano matrimonio entro un anno dall’approvazione del provvedimento di assegnazione o lo abbiano contratto da non più di cinque anni dalla domanda di assegnazione del beneficio
b) conseguono un reddito annuo complessivo non superiore a euro 50.000,00 da rivalutarsi annualmente secondo gli indici ISTAT
7. Ai fini dell’attuazione delle norme previste dal presente articolo per “reddito complessivo” si intende la sommatoria del reddito imponibile annuo dei due nubendi o del nucleo familiare diminuito di euro 8000 rivalutabili annualmente secondo gli indici ISTAT per ogni figlio a carico nato, concepito o in affido a tempo pieno alla data della presentazione della domanda per l’accesso ai benefici previsti dal presente articolo e diminuito di euro 15000 rivalutabili annualmente secondo gli indici ISTAT per ogni figlio che si trovi in stato di handicap così come definito dalla normativa di riferimento.
8. Le agevolazioni di cui al presente articolo sono cumulabili con altre provvidenze previste dallo Stato, dalla Regione, da altre Pubbliche Amministrazioni e da soggetti privati.
9. La Giunta regionale determina con cadenza semestrale le modalità operative necessarie a dare attuazione alle misure previste dal presente articolo ed in particolare procede a:
a) individuare eventuali limiti per la cumulabilità delle provvidenze di cui al presente articolo;
b) precisare le categorie di spese ammissibili al finanziamento di cui al comma 4, nonché determinare le modalità per la documentazione delle stesse;
c) determinare le procedure ai fini dell’accesso alle agevolazioni finanziarie previste dal presente articolo.
Art. 3 - Tutela della maternità e della vita umana
1. La Regione tutela la maternità, incoraggia l’educazione alla paternità e maternità responsabili e sostiene il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale, favorendo interventi finalizzati a: a) prevenire le difficoltà che possano indurre all'interruzione di gravidanza con aiuti economici o fornendo ospitalità alla madre presso famiglie o case alloggio;
b) assicurare la continuità dell'assistenza dall'inizio della gravidanza fino all'allattamento;
c) favorire un nuovo rapporto tra partorienti e istituzioni socio-sanitarie, affinché il parto e il puerperio siano vissuti con adeguata serenità;
d) assicurare al bambino anche in ambito ospedaliero, la continuità del rapporto familiare affettivo
e) potenziare l’attività di consultori pubblici e accreditati, favorendo e sostenendo nel contempo mediante convenzioni l’attività delle formazioni sociali di base e delle associazioni del volontariato, al fine di perseguire l’effettiva e completa attuazione degli articoli 1, 2 e 4 della legge 194/78, contribuendo in special modo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza.
f) favorisce mediante i consultori pubblici e accreditati e mediante convenzioni con associazioni o altri enti del settore l’educazione alla maternità e paternità responsabili mediante appositi percorsi formativi.
2. Per combattere il gravissimo fenomeno della interruzione di gravidanza per motivi economici la Regione destina ogni anno almeno il 2 percento del Fondo regionale per la famiglia da utilizzarsi specificamente per finanziare i consultori pubblici e accreditati e i Centri di Aiuto alla Vita (CAV) al fine di prevenire l’interruzione volontaria della gravidanza, principalmente fornendo concreto e durevole aiuto economico alle madri o alle famiglie che decidano di accogliere la vita nascente.
3. La Giunta regionale determina tassativamente entro 180 giorni dall’entrata in vigore della presente legge i requisiti e i limiti di reddito necessari per accedere a tali benefici, stabilendo le modalità di erogazione che dovrà avvenire unicamente attraverso i consultori pubblici e accreditati e i Centri di Aiuto alla Vita (CAV) già esistenti in Umbria alla data dell’entrata in vigore della presente legge regionale o successivamente accreditati con apposita procedura.
4. In ogni caso, al fine di promuovere l’incremento delle nuove generazioni, la Regione eroga con effetto immediato un bonus una tantum di 1.000 euro per ogni nuovo nato.
5. Le aziende ospedaliere e le aziende unità sanitarie locali, per meglio consentire un approccio sereno alla gestazione e all’accoglienza dei nuovi nati, potenziano i corsi di preparazione al parto al fine di offrire alle donne appropriate informazioni sulla gravidanza, nei suoi aspetti psico-fisici, sul parto e sull'allattamento.
6. Allo stesso scopo l'Assessore per la sanità definisce un programma di interventi riguardanti:
a) la difesa delle gestanti nei luoghi di lavoro per prevenire il rischio di esposizione a sostanze tossiche, radiazioni ionizzanti o variazioni di pressione;
b) l'assistenza durante la gravidanza, a scadenze programmate;
c) la dispensazione con spese a carico della sanità regionale di idonee terapie anti dolore per le partorienti;
d) la predisposizione del servizio di parto a domicilio per le gestanti che ne facciano richiesta purché siano garantite condizioni igienico sanitarie di assoluta sicurezza per la madre e per il nascituro.
7. Al fine di favorire la massima compatibilità tra lavoro e accoglienza della vita, la Regione favorisce con concreti interventi economici la creazione di asili nido aziendali da aprirsi sia presso gli uffici pubblici che presso le aziende pubbliche e private e aperti ai figli dei dipendenti in corrispondenza dell’orario di lavoro. La Regione favorisce inoltre con concreti interventi o con politiche fiscali agevolate gli uffici pubblici e le aziende pubbliche e private che assumano giovani donne in età fertile e che pratichino una contrattazione part-time per favorire i genitori nei primi tre anni di vita del figlio. Le medesime agevolazioni sono previste per le aziende che – nella contrattazione - riconoscano ai dipendenti divenuti genitori periodi di aspettativa non retribuita pari o superiore a un anno per ogni nuovo nato. E’ compito della Giunta individuare tali interventi e renderli effettivi entro 180 giorni dall’entrata in vigore della presente legge.
Art. 4 - Sostegno alla funzione genitoriale
1. La Regione riconosce la valenza sociale della funzione educativa e formativa svolta dai genitori. A tal fine la Regione individua le modalità per sostenere i genitori o il genitore, con uno o più figli minori, il cui reddito sia ridotto al di sotto del limite stabilito dalle normative vigenti in materia in conseguenza del verificarsi di una o più delle seguenti situazioni:
a) perdita del lavoro ovvero modificazione in pejus della situazione lavorativa di uno dei genitori entro i primi otto anni di vita del bambino;
b) decesso di familiare percettore di reddito o uscita dal nucleo familiare di soggetto titolare di reddito;
c) inabilità temporanea al lavoro di lavoratore autonomo, unico titolare di reddito nell'ambito del nucleo familiare, per periodi esorbitanti la copertura assicurativa ovvero in assenza di garanzie assicurative anche individuali.
2. Le previsioni di cui al presente articolo si applicano anche in caso di adozione di minori, affidamento preadottivo e affido familiare.
3. Qualora la situazione di cui al comma 1, lettera a), intervenga nei dodici mesi successivi all'adozione o all'affidamento preadottivo, si considerano anche i casi in cui i minori abbiano un'età compresa tra gli otto e i dodici anni.
Art. 5 - Sostegno al mantenimento dei minori
1. Al fine di tutelare la dignità e il decoro dei figli minori e di prevenire possibili situazioni di disagio sociale ed economico, la Regione interviene a sostegno del genitore affidatario del figlio minore, nei casi di mancata corresponsione, da parte dell’altro genitore o di altri obbligati, delle somme destinate al mantenimento del minore nei termini e alle condizioni stabilite dall'autorità giudiziaria.
2. L'intervento di cui al comma 1 consiste in una prestazione monetaria di importo pari al 90 percento della somma stabilita dall'autorità giudiziaria per il mantenimento del figlio minore.
3. Costituisce presupposto dell'intervento l'esperimento infruttuoso nei confronti del genitore obbligato e di eventuali terzi di procedure esecutive disciplinate dal libro III del codice di procedura civile, dalla legge fallimentare e da leggi speciali, risultante da verbale dell'ufficiale giudiziario, da provvedimento giudiziale o da altro atto attestante l'incapienza del patrimonio del genitore obbligato.
4. Il Servizio sociale dei Comuni esercita le funzioni amministrative di concessione ed erogazione della prestazione, nonché di controllo. Con regolamento regionale sono stabilite:
a) le modalità di presentazione delle domande e di attribuzione della prestazione;
b) la decorrenza e la durata della prestazione;
c) le modalità di accertamento e di controllo sulla sussistenza e la permanenza dei presupposti e requisiti previsti per l'accesso alla prestazione;
d) le modalità di riparto agli Enti gestori del Servizio sociale dei Comuni dei finanziamenti necessari.
5. In caso di successivo adempimento da parte del genitore obbligato o di eventuali terzi, il beneficiario dell'intervento e' tenuto, nei limiti dell'adempimento, alla restituzione delle somme erogate, senza maggiorazione degli interessi, entro trenta giorni dal pagamento.
6. La prestazione di cui al presente articolo può essere cumulabile con altri interventi previsti dalla legge.
Art. 6 - “Carta Famiglia”
1. La Regione istituisce il beneficio denominato “Carta Famiglia”, cui è destinato almeno il 30 percento del Fondo regionale per la famiglia.
2. La Carta Famiglia attribuisce il diritto all'applicazione di agevolazioni e riduzioni di
a) tariffe per la fornitura di beni e la fruizione di servizi significativi nella vita familiare;
b) costi di beni di uso familiare – mediante convenzione regionale con produttori e distributori
c) imposte e tasse regionali e comunali;
d) spese mediche e sanitarie. Con la Carta Famiglia si stabilisce il diritto e l’entità di tali agevolazioni, computata sulla base dei redditi del nucleo familiare computati secondo le modalità di cui all’art. 2 comma 6 lett. b) e comma 7 della presente legge, con particolare riguardo alle famiglie numerose, nel rispetto della normativa statale in materia tributaria.
3. Con regolamento regionale da emanarsi tassativamente entro 180 giorni dall’entrata in vigore della presente legge sono determinate le categorie merceologiche e le tipologie di servizi oggetto della Carta Famiglia, le modalità di intervento per le agevolazioni su imposte e tasse, le percentuali di agevolazione e riduzione dei costi e delle tariffe nonché le modalità di riparto ai Comuni dei finanziamenti necessari.
4. La Giunta regionale definisce - nei termini tassativi di cui al precedente comma - le linee guida per la stipulazione di convenzioni tra Comuni e soggetti pubblici e privati che forniscono i beni e servizi di cui al comma 2, determinando i limiti di spesa per ogni nucleo familiare con riguardo all’acquisto di beni, e le condizioni e le modalità di parziale o totale rimborso, prevedendo in ogni caso agevolazioni fiscali per i soggetti privati contraenti. Le agevolazioni e le riduzioni relative a tariffe, tasse, imposte e spese mediche o sanitarie – senza tetto massimo di spesa - sono commisurate al reddito familiare calcolato secondo i criteri di cui all’art. 2 comma 6 e 7 della presente legge.
Art. 7 - Sostegno alla solidarietà, alle adozioni e all'affidamento familiare
1. La Regione interviene con progetti propri e partecipa a progetti internazionali, europei, statali, interregionali, promuovendo la cooperazione tra i soggetti che operano nel campo dell'adozione internazionale e della protezione dei minori nei Paesi stranieri, al fine di consentire la permanenza del minore in difficoltà nella famiglia di origine.
2. Al fine di garantire la salvaguardia dei minori stranieri in situazione di abbandono e la tutela del diritto dei minori alla famiglia, la Regione, in conformità a quanto previsto dalla legge 31 dicembre 1998, n. 476 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Aja del 29 maggio 1993 per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale. Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in tema di adozione di minori stranieri), fornisce assistenza e sostegno alle famiglie che intendono adottare un bambino di cittadinanza non italiana e residente all'estero.
3. Per le finalità di cui al comma 2, la Regione:
a) sostiene l'attività dei consultori familiari pubblici e accreditati e in particolare delle strutture pubbliche o private e delle associazioni dedicate alle adozioni, anche attraverso l'emanazione di apposite linee guida operative;
b) sostiene le famiglie nelle spese derivanti dalle procedure di adozione internazionale;
c) promuove la definizione di protocolli operativi e convenzioni tra enti autorizzati e servizi, nonché forme stabili di collegamento tra gli stessi e gli organi giudiziari minorili;
d) promuove la definizione di protocolli operativi e convenzioni tra servizi e scuola ai fini di un migliore inserimento dei minori nelle famiglie e nel contesto sociale, nonché ai fini della prevenzione dei fallimenti adottivi.
4. Al fine di garantire la tutela e la salvaguardia dei minori italiani e stranieri in situazione di difficoltà o di abbandono e tutelare il loro diritto alla famiglia, la Regione:
a) sostiene l'attività dei consultori familiari pubblici e accreditati e di tutti gli altri enti interessati in merito agli adempimenti previsti dalle vigenti leggi in materia di adozione o affido di minori italiani;
b) sostiene le adozioni dei minori italiani e stranieri di età superiore ai 12 anni o con handicap accertato ai sensi dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge- quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), in attuazione a quanto previsto dall'articolo 6, comma 8, della legge 184/1983 e successive modifiche;
c) sostiene e promuove l'affido familiare, anche attraverso l'emanazione di specifiche linee guida. 5. L'Assessorato competente può concedere contributi fino al 50 per cento delle spese sostenute dalla famiglia adottiva per l'espletamento delle procedure di adozione internazionale.
6. Con provvedimenti da emanarsi entro 180 giorni dalla entrata in vigore della presente legge l’Assessorato competente determina i criteri e le modalità attuativi della compartecipazione finanziaria di cui al comma 1.
Art. 8 - Libertà di educazione e diritto allo studio
1. La Regione riconosce, garantisce e tutela la libertà di educazione e la libera scelta della scuola per i figli da parte delle famiglie. Nel rispetto dei diritti della famiglia e al fine di prevenire i processi di disadattamento dei minori, i servizi socio-educativi per la prima infanzia prevedono modalità organizzative flessibili per rispondere alle esigenze delle famiglie, con particolare attenzione a quelle numerose.

2. La Regione favorisce con idonee provvidenze le forme di associazionismo e di autogestione dei genitori ed educatori come modalità idonea a garantire l'effettiva partecipazione di tutti i cittadini alle scelte educative proposte dalla scuola frequentata dai loro figli e alla realizzazione della politica regionale scolastica e familiare.
3. Nella definizione degli strumenti attuativi per assicurare un effettivo diritto allo studio, al fine di favorire il superamento delle limitazioni derivanti da condizioni di disagio economico, la Regione destina ogni anno almeno il 20 percento del Fondo regionale per la famiglia, istituendo tra l'altro:
a) buoni scuola alle famiglie, senza limiti di reddito, finalizzati all'abbattimento in misura almeno pari al 75 percento delle spese sostenute per la frequenza di asili nido e scuole materne pubbliche o accreditate e per scuole primarie e secondarie, statali e non statali, purchè paritarie e accreditate, in modo da rendere effettiva e concreta la libertà di scelta delle famiglie riguardo al percorso scolastico dei figli;
b) contributi per progetti destinati alla prevenzione e recupero degli abbandoni e della dispersione scolastica e universitaria anche ad integrazione di quanto già previsto dalla vigente normativa regionali sul diritto allo studio; c) contributi pari almeno al 40 percento per le spese di trasporto scolastico dei figli e per l’acquisto dei libri di testo e del materiale didattico, ivi compresi i supporti informatici.
Art. 9 - Genitori di giorno o asili familiari
1. Per "genitore di giorno" s'intende una persona in possesso di un'esperienza abilitante, conseguita attraverso la personale esperienza della maternità o della paternità o attraverso appositi percorsi formativi, che durante il giorno assista e contribuisca ad educare, fornendo le cure familiari nel proprio domicilio, uno o più minori appartenenti ad altri nuclei familiari di età compresa da 6 mesi a 6 anni.
2. Le associazioni di solidarietà familiare e gli enti di privato sociale ONLUS che abbiano maturato esperienza di sostegno alle responsabilità genitoriali possono promuovere l'esperienza dei genitori di giorno, fornire loro la necessaria preparazione o integrare quella già posseduta, assisterli sul piano amministrativo e tecnico, garantire la continuità della presa in cura del minore nel caso di malattia o impedimento, fornire le necessarie consulenze in campo psico-pedagogico, assumere gli oneri derivanti dalle coperture assicurative per la responsabilità civile verso terzi e provvedere alla fornitura dei beni strumentali o di consumo necessari allo svolgimento del servizio.
3. Il genitore di giorno svolge la propria attività ricevendo adeguato compenso. La Regione e famiglie degli utenti versano alle associazioni ed alle organizzazioni di cui al comma 2 un corrispettivo per il servizio ricevuto determinato in misura da consentire la copertura dei costi necessari al suo mantenimento.
4. I Comuni possono erogare alle famiglie, secondo livelli di reddito e criteri di attribuzione predeterminati che tengano conto dei criteri individuati dall’art. 2 comma 6 lett. b e comma 7 della presente legge, vaucher spendibili presso le associazioni e gli enti di cui al comma 2, accreditati presso la stessa amministrazione comunale mediante stipula di apposita convenzione. L'accreditamento è effettuato per tutte le associazioni e gli enti di cui al comma 2 aventi i requisiti previsti dalla presente legge.
5. Le convenzioni, di cui al comma 4, prevedono:
a) la determinazione del corrispettivo relativo al servizio ricevuto in conformità a quanto stabilito al comma 3;
b) le procedure e le modalità d'integrazione tra i servizi pubblici all'infanzia, i servizi socio-assistenziali ed i servizi delle madri di giorno;
c) gli standard minimi di esperienza o formazione abilitante per lo svolgimento del servizio da parte del genitore di giorno;
d) le modalità di verifica periodica della qualità del servizio.
Art. 10 – Lavoro endofamiliare
1.
In ottemperanza agli articoli 1, 35, 36, 37 e 38 della Costituzione che riconoscono la tutela del lavoro in tutte le sue manifestazioni, la Regione Umbria considera il lavoro endofamiliare come attività essenziale per la vita delle famiglie e della società tutta.
2. Per lavoro endofamiliare si intende il lavoro di cura non retribuito derivante da responsabilità familiari svolto all’interno del nucleo familiare e per l’educazione dei figli e dei minori presenti nel nucleo o per la cura ed il sostegno dei membri della famiglia in situazione di non autosufficienza. 3. A tutela del lavoro endofamiliare la Regione promuove: -
a) interventi finalizzati a favorire la copertura assicurativa dei rischi infortunistici derivanti dal lavoro endofamiliare anche integrando altre forme di assicurazione erogate da Enti statali o regionali; -
b) forme di associazionismo, nell’ambito della legislazione in tema di volontariato, atte a favorire iniziative di mutuo aiuto e momenti di alleggerimento del lavoro domestico.
4. Ai fini degli interventi di cui al precedente comma 3 la Regione istituisce l’albo regionale dei lavoratori endofamiliari. L’iscrizione all’albo è volontaria. Per l’iscrizione è necessario possedere i seguenti requisiti: - essere residenti in uno dei comuni della Regione Umbria -svolgere da almeno un anno all’interno della propria famiglia le attività di cui al comma 2 del presente articolo; - avere un’età non inferiore a 18 anni.
5. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge la Giunta regionale provvede a disciplinare le modalità per la gestione dell’albo regionale di cui al comma 4 del presente articolo. 6. Ai fini degli interventi di cui alla lettera a) del comma 3 è riconosciuta un’indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta derivante da malattia o dagli infortuni domestici a favore delle persone iscritte all’albo di cui al comma 4.
7. Detta indennità è stabilita in 40 euro giornalieri rivalutabili annualmente secondo gli indici ISTAT e non è cumulabile con altre prestazioni o trattamenti previdenziali analoghi.
8. L’indennità in esame viene erogata dal quinto giorno d’inabilità e fino alla guarigione clinica accertata e comunque per non più di sei mesi nel corso di uno stesso anno solare.
9. E’ demandato alla Giunta regionale l’adozione degli atti amministrativi necessari al conferimento, alla gestione e alla rendicontazione dell’indennità in argomento.
10. La Regione promuove iniziative volte a favorire l’ingresso o il reingresso nel mercato del lavoro dei membri della famiglia che a motivo degli impegni di lavoro in ambito familiare, rivolti a minori o a soggetti non autosufficienti, non avevano iniziato o avevano interrotto l’attività lavorativa.
11. Dette iniziative consistono in:
a) attività sistematica d’informazione delle opportunità occupazionali esistenti anche per mezzo dei Comuni e degli Uffici del lavoro;
b) speciali programmi formativi finalizzati al rientro nel mercato del lavoro;
c) riconoscimento di adeguata riserva di posti nei percorsi di formazione professionale nella Regione.
Art. 11 – Interventi per le famiglie con anziani e per l’assistenza domiciliare dei malati anche terminali
1. La Regione riconosce l’importanza personale e sociale dei rapporti intergenerazionali, valorizza la convivenza della persona anziana con i familiari e sostiene opportunamente questi ultimi, stimolando ogni possibilità di integrazione. Protegge la vita umana fino al suo termine naturale con adeguati interventi che tutelino la persona ammalata anche nelle fasi terminali della sua esistenza, nel rispetto della sua dignità e favorendo sempre – ove possibile - la sua permanenza presso il nucleo familiare
2. A tal fine, la Regione predispone:
a) nei due capoluoghi di Provincia, la creazione di un “Servizio assistenza anziani”, quale soggetto in ordine agli aspetti informativi per i diritti, i servizi disponibili e le iniziative associative o di volontariato inerenti le persone anziane e le loro famiglie;
b) presso ogni ASL e Azienda ospedaliera, la valorizzazione di unità multidisciplinari (Unità di valutazione geriatrica - UVG), capaci di valutare congiuntamente le necessità sanitarie e quelle sociali delle famiglie con anziani. Tali unità, si avvalgono di strutture pluriprofessionali, con funzioni di consulenza, ossia di orientamento diagnostico, per gli anziani e le loro famiglie. Le UVG svolgono diagnosi integrate, prospettando le diverse soluzioni possibili, dati i vincoli e le risorse esistenti; intervengono obbligatoriamente in presenza di richieste di ricovero presso istituti per anziani, al fine di valutare soluzioni alternative o facilitare le famiglie nell’individuazione delle strutture più idonee; svolgono funzioni di supporto psicologico e formativo a favore degli stessi familiari che si occupano degli anziani.
c) programmi finalizzati al sostenimento delle funzioni di cura svolte dalle famiglie nei confronti dell’anziano, attraverso due strumenti:
1. l’istituzione di assegni di cura – indipendentemente dal reddito - in favore delle famiglie che accudiscono in casa anziani ritenuti non autosufficienti dalle suddette UVG;
2. il potenziamento degli interventi di assistenza domiciliare e di ricovero e/o assistenza diurna, finalizzati ad alleviare momentaneamente la famiglia.
d) attività per potenziare il volontariato degli anziani, specie nella forma del volontariato intergenerazionale.
e) interventi per accompagnare in modo adeguato e nel rispetto della dignità umana le fasi terminali della vita, favorendo in particolar modo anche mediante convenzioni con associazioni del settore - la predisposizione a domicilio della terapia del dolore e di tutti gli adeguati strumenti medici e gli interventi di personale specializzato, con spese a carico della Regione, indipendentemente dal reddito, secondo modalità da individuarsi ad opera della Giunta regionale tassativamente entro 180 giorni dall’entrata in vigore della presente legge.

Art. 12 – Interventi in situazioni di particolare disagio
1. La Regione, le Province, i Comuni e gli altri enti competenti in campo socio-assistenziale, promuovono forme di sostegno in servizi, in natura ed in denaro, per fronteggiare situazioni di particolare disagio sociale e relazionale.
2. Sono considerate tali le situazioni in cui sia presente all’interno del nucleo familiare almeno una persona con gravi problematiche sanitarie, psichiatriche, di tossicodipendenza, di grave emarginazione sociale.
3. A tal fine, sono concessi prestiti sull’onore consistenti in contributi da restituire secondo piani di rimborso concordati, senza interesse a carico del mutuatario, per il finanziamento delle spese inerenti alle situazioni di disagio di cui al comma 2, e a favore delle famiglie il cui reddito complessivo netto non superi le soglie indicate dall’art. 2 commi 6 e 7 della presente legge.
4. I contributi di cui al comma 3 sono erogati per una durata non superiore ai 3 anni e commisurati ad un importo massimo di euro 10.000 rivalutabili secondo gli indici ISTAT.
5. L’Assessorato competente deve inoltre prevedere forme di sostegno economico a favore di chi volontariamente rinuncia ad un’attività lavorativa per provvedere all’assistenza di familiari la cui situazione richiederebbe altrimenti il ricovero.
6. La Regione promuove la stipula di accordi fra le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro ai fini della previsione nei contratti di lavoro di clausole che – oltre a quanto già previsto dall’art. 7 della presente legge - consentano, senza perdita del posto di lavoro, sospensioni dal servizio per motivi di assistenza domiciliare a familiari o che consentano l’adeguamento della prestazione lavorativa alle suddette situazioni di disagio familiare.
7. La Regione finanzia o supporta l’apertura di strutture residenziali finalizzate all’accoglienza temporanea di vittime di violenza, gestanti in difficoltà nella prosecuzione della gravidanza, e ogni altra forma di disagio familiare per la quale si renda necessaria ed opportuna la suddetta accoglienza.
8. Per le finalità di cui al comma precedente, la Regione sostiene le forme di accoglienza realizzate per scopi di solidarietà sociali da singole famiglie o all’interno di comunità di privato sociale.
Art. 13 – Servizi per le famiglie
1. I servizi sociali, assistenziali e sanitari erogati in ambito regionale si ispirano ai seguenti principi:
a) riconoscimento della famiglia come soggetto unitario ed autonomo di riferimento per l’erogazione dei servizi pubblici:
b) eliminazione di qualsiasi disposizione penalizzante o discriminante la famiglia in relazione all’accesso ai servizi pubblici;
c) agevolazione della domiciliazione dei servizi di assistenza della persona all’interno del suo nucleo familiare ogni qual volta ciò sia possibile, con il sostegno dei servizi esterni.
2. La Regione promuove con idonee provvidenze tutte le forme di solidarietà, tanto di tipo individuale che associativo o cooperativo, con particolare attenzione a quelle a base familiare, riconoscendone la funzione di utilità sociale.
3. La Regione e gli altri enti competenti in campo socio-assistenziale, in collaborazione con le associazioni di privato sociale, di volontariato, dell’associazionismo familiare e con le cooperative sociali, favoriscono la ricerca di baby sitter e di badanti, attraverso la predisposizione presso ogni Comune di un elenco di persone disponibili allo svolgimento di tali professioni e debitamente formate.
4. La Regione, nell’ambito delle strutture di consulenza familiare sia pubbliche che accreditate, istituisce – anche mediante apposite convenzioni - un servizio di informazione-formazione sulla vita di coppia e di famiglia che operi per la promozione relazionale, educativa, culturale e sanitaria della famiglia. La suddetta attività di consulenza familiare è predisposta anche a favore di singoli o coppie che intendano formare una famiglia, secondo quanto già previsto all’art. 2 comma 2 della presente legge.
5. La Regione riconosce e valorizza con idonee provvidenze le strutture di assistenza, sostegno e consulenza familiare del privato sociale e dell’associazionismo familiare, assumendo, in misura corrispondente alla loro qualità e quantità, i costi dei servizi mediante apposite convenzioni, anche attraverso il Fondo regionale per la famiglia di cui all’art. 15.
6. In attuazione degli obiettivi previsti dalla presente legge, nell’ambito della definizione dei piani formativi rivolti ai dipendenti pubblici, la Regione organizza corsi di aggiornamento del personale di tutti gli enti la cui attività inerisce direttamente o indirettamente situazioni familiari.
7. La Regione, al fine di tutelare il valore dell’unità familiare e considerando che la separazione dei coniugi, il divorzio o comunque il venir meno dell’armonia familiare sono causa diretta di gravi disagi economici e sociali sia per i coniugi che – ancor più – per la prole, specialmente se in tenera età, promuove, anche mediante le modalità previste dai precedenti commi 4 e 5, idonei percorsi gratuiti di sostegno alla crisi di coppia che abbiano come finalità – nel rispetto della libertà dei coniugi – la bonaria ricomposizione delle controversie familiari ovvero – solo quando la situazione non sia altrimenti sanabile, percorsi di mediazione familiare con l’obbiettivo di abbattere la conflittualità nella fase della separazione o del divorzio.
8. A tal fine i programmi didattici dei corsi di aggiornamento di cui al comma 6 sono orientati a sviluppare lo studio del disagio familiare e le modalità di trattamento e di sostegno utili a ricomporre le crisi familiari tutelando per quanto possibile l’integrità del nucleo familiare stesso.
Art. 14 - Volontariato e associazionismo per i servizi alla famiglia

1. La Regione riconosce le organizzazioni dell’associazionismo e del volontariato i cui scopi sociali coincidano, in tutto o in parte, con quelli previsti dalla presente legge in quanto espressione del diritto di libertà di associazione previsto dall’articolo 18 della Costituzione.
2. La Regione individua nelle famiglie e nelle organizzazioni di volontariato per la famiglia una forma autonoma e originaria di soggettività sociale.
3. Nella disciplina delle forme di volontariato familiare la Regione sviluppa sistemi di collaborazione con le famiglie e con le organizzazioni di volontariato per la famiglia basati sulla sussidiarietà, solidarietà e simmetricità.
4. Nell’attività di pianificazione e programmazione degli strumenti d’intervento di carattere socio-assistenziale ed educativo la Regione si impegna a garantire l’informazione e la collaborazione delle organizzazioni dell’associazionismo e del volontariato.
5. La Regione nella definizione dei piani di formazione professionale, nel rispetto della normativa regionale in materia di formazione professionale, favorisce la previsione di iniziative precipuamente indirizzate ai soggetti che operano per la realizzazione dei fini stabiliti dalla presente legge.
Art. 15 – Fondo regionale per la famiglia
1. La Regione Umbria, per il raggiungimento delle finalità di cui alla presente legge, istituisce un apposito fondo al fine di contribuire almeno parzialmente a gestire tutti gli interventi di sostegno economico alla famiglia indicati e previsti dalla presente legge o comunque collegati alla realizzazione della politica regionale per la famiglia, ivi compresi le varie forme di integrazione del reddito familiare, delle misure di previdenza e di sicurezza sociale.
2. Il fondo è lo strumento finanziario di promozione, di coordinamento e di sviluppo degli interventi di sostegno economico alla famiglia. Gli interventi potranno comunque essere finanziati anche oltre le previsioni del fondo attingendo agli stanziamenti previsti per le funzioni obbiettivo corrispondenti.
3. Le forme di sostegno economico alle famiglie realizzano una politica attiva e globale di sicurezza e di promozione sociale, e sono strumenti per prevenire, affrontare e rimuovere le cause di disagio personale e sociale di qualsiasi natura.
4. Per l’annualità 2009 e per ogni annualità successiva la dotazione finanziaria del Fondo regionale per la famiglia è pari al 4 percento della spesa regionale totale prevista dal bilancio di previsione per le funzioni obbiettivo.
Art. 16 – Assessorato alle Politiche Familiari e Consulta Regionale per la Famiglia
1. La Regione Umbria, al fine di dare concreta attuazione alla presente legge, istituisce l’Assessorato regionale alle Politiche Familiari, con il compito di gestione del Fondo regionale per la famiglia e di coordinamento di tutte le attività previste nella presente legge e in tutte le leggi regionali che facciano riferimento alla famiglia.
2. La Regione istituisce inoltre la Consulta regionale per la Famiglia, chiamata a:
1) esprimere pareri obbligatori al Consiglio ed alle Commissioni Consiliari su provvedimenti legislativi, regolamentari o amministrativi che possono incidere sulla qualità della vita delle famiglie umbre.
2) esprimere pareri obbligatori alla Giunta Regionale e ai singoli Assessorati sulle direttive e sui provvedimenti di carattere programmatico e generale concernenti le materie socio-assistenziali e sanitarie o comunque riferibili all’ambito familiare
3) esprimere pareri obbligatori ai consultori pubblici e accreditati e alle aziende ASL sul contenuto dei corsi di educazione alla affettività e alla sessualità nelle scuole primarie e secondarie;
4) redigere rapporti annuali sullo stato di attuazione della presente legge e proporne opportuni aggiornamenti avvalendosi, se ritenuto opportuno, anche della collaborazione di organismi di volontariato sociale, di enti , di associazioni e di esperti che operano nel settore;
5) raccogliere dati relativi alla famiglia umbra allo scopo di monitorare e prevenire situazioni di disagio o comunque a rischio.
3. La Consulta è costituita da quindici membri così individuati:
a) quattro rappresentanti designati dalle associazioni di famiglie costituite ed operanti nell’ambito della sfera delle politiche familiari;
b) due rappresentanti designati dalle cooperative o altre formazioni di auto- organizzazione dei servizi sanitari, educativi di formazione professionale, di servizi sociali o assistenziali per le famiglie;
c) due rappresentanti designati dalle strutture private di solidarietà sociale e di volontariato iscritte nei registri regionali;
d) tre rappresentanti di cui due dei comuni ed uno delleprovince designati rispettivamente dall’ANCI e dall’UPI;
e) un rappresentante designato dal Forum per le associazioni familiari della Regione Umbria;
f) due rappresentanti designati rispettivamente dal Forum per le associazioni familiari della provincia di Perugia e di Terni;
g) due esperti di problematiche familiari designati dalle università Umbre.
4. Le funzioni di segreteria della Consulta sono svolte dal servizio regionale competente; essa si avvale dei supporti tecnici e logistici della Regione.
5. La Consulta è costituita con decreto del Presidente della Giunta Regionale entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e dura in carica sino alla scadenza della legislatura nel corso della quale è stata insediata. Si provvede ad eventuali sostituzioni scegliendo nell’ambito delle designazioni iniziali.
6. Ai componenti della Consulta è riconosciuto il solo rimborso delle spese di trasporto secondo le disposizioni della normativa vigente.
Art. 17 - Disposizioni finali
1. La presente legge sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Umbria.
2. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.

03 giugno, 2007

Rischio di Educare

L’idea fondamentale di una educazione rivolta ai giovani è il fatto che attraverso di essi si ricostruisce una società; perciò il grande problema della società è innanzitutto educare i giovani (il contrario di quello che avviene adesso).

Il tema principale, per noi, in tutti i nostri discorsi, è l’educazione: come educarci, in che cosa consiste e come si svolge l’educazione, un’educazione che sia vera, cioè corrispondente all’umano. Educazione, dunque, dell’umano, dell’originale che è in noi, che in ognuno si flette in modo diverso, anche se, sostanzialmente e fondamentalmente, il cuore è sempre lo stesso. Infatti, nella varietà delle espressioni, delle culture e delle consuetudini, il cuore dell’uomo è uno: il cuore mio è il cuore tuo, ed è il medesimo cuore di chi vive lontano da noi, in altri Paesi o continenti.
L.Giussani


L'AUDIO DELL'EVENTO DA SCARICARE NEL PROPRIO PC


"Rischio di Educare"
una riflessione sull'emergenza del problema educativo

(per scaricare sul proprio pc i file formato Windows Media Audio
cliccare con il tasto destro sopra il nome. Salva oggetto)

Moderatore: Maria Rosi Pres. Circolo delle libertà Nuova Umbria
Relatore: Prof. Luciano Mazzetti Docente Università Roma 3
Relatore: On. Valentina Aprea Resp. Scuola F.I.
Relatore: Prof.ssa Maria Prodi Ass.Istr. e Form. Regione Umbria
Relatore: Suor Roberta Vinerba Resp. Centro Cult. Giorgio La Pira
Relatore: Prof.ssa Lucia Diamanti Segr. Reg. Cisl Scuola Umbria
Relatore: Avv. Simone Pillon Pres. Forum Famiglie dell'Umbria
Intervento Maria Rosi

(per scaricare tutti gli interventi in file unico cliccare qui)

http://www.forumfamiglieumbria.org

12 ottobre, 2006

Pillola del giorno dopo, comunicato stampa Marzo 2007

COMUNICATO STAMPA


Il Forum delle Associazioni Familiari dell’Umbria da tempo sta monitorando i tentativi – portati dalla burocrazia sanitaria regionale – di comprimere la libertà di coscienza, la professionalità e la libera determinazione dei lavoratori della sanità in ordine alla prescrizione, alla somministrazione e alla vendita della c.d. “pillola del giorno dopo”.

Già nei mesi scorsi la Regione Umbria, con un goffo tentativo di coartare le coscienze dei farmacisti, fece uscire un parere ad uso interno – oltretutto giuridicamente insostenibile – con cui – in spregio alla tutela costituzionale della vita e al riconosciuto valore della “clausola di coscienza” si minacciavano financo azioni penali contro i farmacisti obiettori.

Nonostante la denuncia del Forum e il rilievo avuto dalla stessa sugli organi di stampa locali e nazionali, l’attività degli organi regionali è seguitata con le medesime modalità subdole e sommerse, rivolgendosi non solo ad extraad intra contro gli stessi dipendenti della sanità pubblica. ma anche e soprattutto

Nel dicembre 2006 si sono rivolti al Forum due medici dipendenti di una ASL umbra e incaricati di prestare il loro servizio nei consultori pubblici. I due sanitari – obiettori di coscienza – che hanno chiesto l’anonimato temendo ritorsioni dei loro superiori – hanno raccontato di essere soggetti a pressioni, minacce di trasferimenti, turni forzati e altro proprio in quanto i vertici aziendali non riconoscono loro il diritto di valersi della clausola di coscienza in ordine alla prescrizione e somministrazione di Levonogestrel. Gli stessi hanno poi denunciato l’atteggiamento prevaricatore tenuto nei loro confronti dai vertici aziendali che – nel corso di incontri di aggiornamento ovvero mediante affissioni nei luoghi di lavoro – hanno apertamente minacciato il ricorso a sanzioni disciplinari, amministrative e penali contro chi – obiettore – rifiutasse per ragioni di coscienza la prescrizione o la somministrazione del citato principio attivo potenzialmente abortivo.

Il Forum ha immediatamente inviato a mezzo raccomandata AR, ricevuta dall’assessore alla Sanità in data 21/02/2007 una richiesta di chiarimenti cui hanno aderito sia associazioni di tutela della vita quali il Movimento per la Vita e la AUCC , sia e più ancora sindacati e associazioni di tutela dei lavoratori quali CISL Medici e ACLI Umbria, oltre all’ordine professionale dei medici di Perugia.

Per mezzo di tale documento, che si allega nel seguito, si chiedeva all’assessore Rosi di prendere posizione ufficiale in favore della libertà di coscienza dei dipendenti regionali. Nessuna risposta è ad oggi pervenuta.

Nel frattempo uno dei due medici - sottoposto a vero e proprio mobbing – ha dovuto chiedere l’aspettativa non retribuita non essendo più in grado di reggere la pressione cui era sottoposto.

Il Forum si chiede se i vertici della sanità Umbra continueranno col loro assordante silenzio, magari nascondendosi dietro la foglia di fico di una malintesa laicità della pubblica amministrazione ovvero se decideranno finalmente di emanare sul punto un compiuto provvedimento in grado di tutelare la libertà e l’autodeterminazione delle coscienze dei sanitari

In caso contrario la loro omissione e – più ancora – i gravi comportamenti di mobbing ora descritti saranno sottoposti al vaglio pubblico, politico e - se del caso – giurisdizionale.

Perugia, 13 marzo 2007

Forum delle Associazioni Familiari dell’Umbria


Allegato 1

Raccomandata Spedita in data 19/02/2007 e ricevuta in data 21/02/2007:

Egr. sig.

Assessore alla sanità

Regione Umbria

Via Mario Angeloni, 61

06124 PERUGIA


Oggetto: chiarimenti sulla possibilità per medici ed operatori sanitari di avvalersi della clausola di coscienza in ordine alla prescrizione e/o somministrazione della c.d. “contraccezione d’emergenza

PREMESSO CHE

  1. La Corte Costituzionale, con sentenza n. sentenza n. 27 del 1975, , ebbe modo di affermare i principî di ordine costituzionale in materia. Disse la Corte – tra le altre cose - che “ha fondamento costituzionale la tutela del concepito, la cui situazione giuridica si colloca, sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie, tra i diritti inviolabili dell'uomo riconosciuti e garantiti dall'articolo 2 della Costituzione, denominando tale diritto come diritto alla vita, oggetto di specifica salvaguardia costituzionale”. Con successiva sentenza n. 35 del 1997 la medesima Consulta ha “ribadito il diritto del concepito alla vita. La limitazione programmata delle nascite è infatti proprio l'antitesi di tale diritto, che può essere sacrificato solo nel confronto con quello, pure costituzionalmente tutelato e da iscriversi tra i diritti inviolabili, della madre alla salute e alla vita.

  1. E’ noto in letteratura e ammesso dalle stesse case produttrici che gli effetti clinici del Levonogestrel, principio attivo dei prodotti Norlevo e Levonelle, possono realizzarsi mediante due diversi meccanismi, riportati dai relativi fogli illustrativi. Il principio può agire in via preventiva, inibendo o ritardando l’evento ovulatorio e impedendo dunque la fecondazione, ma vi è la possibilità che in altre condizioni il Levonogestrel interferisca con lo sviluppo embrionale quando - essendosi determinata la fecondazione - modifichi “la mucosa dell’utero rendendola inadatta all’impianto di un ovulo fecondato”1, ovvero “impedendo l’impianto dell’ovulo eventualmente fecondato2 . E’ dunque pacificamente riconosciuto che tra i possibili effetti del prodotto – ove assunto dopo il concepimento - vi sia l’interruzione dello sviluppo del concepito e la sua conseguente eliminazione.

  1. Sollecitato sul punto, il Comitato Nazionale di Bioetica, all’unanimità, si è pronunziato in favore dell’obiezione di coscienza, anche in assenza di peculiari normative in proposito3. Secondo l’autorevole organo, ogniqualvolta sia in gioco quantomeno il dubbio circa il diritto all’esistenza del concepito - costituzionalmente tutelato e garantito – è senza dubbio da accogliersi la possibilità per il medico e dunque anche per l’esercente la professione sanitaria di rifiutare la prescrizione o la somministrazione di Levonogestrel. Dunque il medico ovvero il sanitario il quale non intenda prescrivere o somministrare, vendere o procurare il principio attivo in riferimento ai suoi possibili effetti post-fertilizzazione ha comunque il diritto di appellarsi alla “clausola di coscienza”, dato il riconosciuto rango costituzionale dello scopo di tutela del concepito che motiva l’astensione (cfr. p. es. Corte cost. n. 35/1997).

  1. Il novellato art. 15 comma 2 della 300/70 (Statuto dei lavoratori) considera “discriminatorio” qualunque atto diretto a discriminare il lavoratore per ragioni basate sui suoi convincimenti personali, quali appunto quelli che ne occupano. La libertà di coscienza è diritto inalienabile e irrinunciabile del lavoratore, e deve essere massimamente tutelata da ogni aggressione, sia palese che occulta.

CONSIDERATO CHE

  • ad oggi la regione Umbria non si è ancora pronunziata ufficialmente in ordine al rispetto della clausola di coscienza dei propri dipendenti

  • tale omissione provoca confusione tra i dirigenti e gli operatori sanitari

  • detta carenza di chiarezza può lasciare – e a volte lascia - spazio a possibili abusi in grado di comprimere la libera determinazione dei professionisti della sanità e di violare i loro fondamentali diritti di persone umane e di lavoratori.

Tanto premesso e considerato, i sottoscritti enti e persone


CHIEDONO


che codesto Assessorato alla Sanità della Regione Umbria – fatte proprie le considerazioni espresse dalla Corte Costituzionale e dal Comitato Nazionale di Bioetica – voglia esprimere ufficialmente la propria posizione al riguardo, anche adottando – ove ritenuto opportuno – idonei provvedimenti a tutela della libertà dei medici e degli altri professionisti della sanità.


Perugia, 29 gennaio 2007

Forum delle Associazioni familiari dell’Umbria

Via Col di Tenda, 15

06070 PERUGIA

E - mail: presidente@forumfamiglieumbria.org


Condividono e aderiscono alla presente:


Movimento per la Vita dell’Umbria

CISL Medici Umbria

ACLI Umbria

AUCC (Ass. Umbra lotta contro il cancro)

Ordine dei medici e degli odontoiatri della provincia di Perugia




1 Cfr Foglio Illustrativo “Levonelle”

2 Cfr Foglio illustrativo “Norlevo”

3 Cfr. Comitato Nazionale per la Bioetica - Nota sulla contraccezione d’emergenza - approvata il 28.05.2004



AGLI ORGANI DI INFORMAZIONE

In questi giorni è stata recapitata a tutti i farmacisti iscritti all’albo della provincia di Perugia la circolare prot. N. 944 – n. 5/2006 dell’Ordine dei Farmacisti, nella quale – tra le altre notizie – si legge un capoverso intitolato “Pillola del giorno dopo”: obiezione di coscienza, secondo cui sarebbe stato ribadito da parte della Regione Umbria l’obbligo del farmacista di procedere alla vendita della cosiddetta “pillola del giorno dopo”.
Il Forum delle Associazioni Familiari e il Movimento per la Vita – prescindendo da qualsiasi considerazione ideologica o religiosa, ma restando ancorati alle emergenze giuridiche, scientifiche e alla logica della ragione – hanno inviato ai competenti organi della Regione Umbria e agli Ordini dei Farmacisti di Perugia e Terni una comunicazione dettagliata – che può essere consultata nella versione integrale sul sito www.umbriafamiglia.com - per ricordare a tutti che:
A) L’ordinamento giuridico in vigore oggi in Italia riconosce e tutela il diritto all’esistenza del concepito.
B) Il principio attivo Levonogestrel, contenuto nei prodotti Norlevo e Levonelle, qualora assunto dopo il concepimento, può interrompere lo sviluppo del concepito, provocandone l’eliminazione.
C) Ogniqualvolta sia in gioco quantomeno il dubbio circa il diritto all’esistenza del concepito costituzionalmente tutelato e garantito – è senza dubbio da accogliersi la possibilità per l’esercente la professione sanitaria di rifiutare la prescrizione o la somministrazione del principio potenzialmente letale.
D) Ogni diversa raccomandazione, o peggio intimidazione, da parte di organi regionali, è pertanto giuridicamente illegittima e infondata sia sotto il profilo della competenza sia nel merito. Come tale deve pertanto esser ritenuta priva di qualsiasi efficacia e non può in alcun modo costituire un vincolo per la Pubblica Amministrazione e per gli esercenti la professione sanitaria.
Il Forum e il Movimento per la Vita prendono atto con disappunto che l’Ufficio per la
Programmazione Socio Sanitaria dell’Assistenza di Base ed Ospedaliera e Osservatorio Epidemiologico della Regione Umbria ha scelto di affrontare una questione così sensibile e delicata in modo tanto inattendibile e sbrigativo, arrogandosi oltretutto funzioni che esulano dalla propria competenza.
Il Forum e il Movimento per la Vita invitano i farmacisti, i medici, tutti gli altri esercenti la professione sanitaria e i loro ausiliari a rifiutare inaccettabili diktat e a continuare a seguire la propria coscienza confortati dalla autorevole tutela costituzionale del loro diritto.
Il Forum e il Movimento per la Vita infine mettono a disposizione i propri consulenti legali per qualsiasi chiarimento e per eventuali esigenze difensive.

Perugia, 12 ottobre 2006

Forum delle Associazioni Familiari dell’Umbria
Movimento per la Vita Umbro





Al Presidente della Regione Umbria
Al Direttore Regionale
Sanità e Servizi Sociali
Ai Responsabili del Servizio
Farmaceutico delle ASL
Ai Presidenti degli Ordini dei Farmacisti di
Perugia e Terni


In questi giorni è stata recapitata a tutti i farmacisti iscritti all’albo della provincia di Perugia la circolare prot. N. 944 – n. 5/2006 dell’Ordine dei Farmacisti, nella quale – tra le altre notizie – si legge un capoverso intitolato “Pillola del giorno dopo”: obiezione di coscienza. Proseguendo nella lettura si apprende che la Regione Umbria avrebbe emanato in data 24/08/06 una nota a firma dell’avv. Marina Balsamo, in cui sarebbe stato ribadito l’obbligo del farmacista di procedere alla vendita della cosiddetta “pillola del giorno dopo” (1) .
Sulla legittimità amministrativa
Esaminando meglio la documentazione – tenuta a disposizione degli associati dall’Ordine dei Farmacisti – e prescindendo da considerazioni di merito che meglio saranno esaminate nel prosieguo, sono riscontrabili ictu oculi alcune difformità rispetto a quanto erroneamente indicato nella circolare emarginata; in particolare:
1. Contrariamente a quanto indicato, la nota dell’avv. Balsamo (2) nulla dice circa l’obbligo o meno per il farmacista di vendere il Norlevo, limitandosi a trasmettere al Dirigente del Servizio Programmazione Socio Sanitaria dott. Carlo Romagnoli un parere redatto dalla Sezione attività di studio e consulenza giuridica nella persona del dott. Bruno Fuoco.
2. L’atto amministrativo non porta pertanto la firma dell’avv. Balsamo ma quella del dott. Fuoco e – per inciso – è privo di data e numero di protocollo.
3. Il parere – per stessa ammissione del suo redattore – “può rilevare esclusivamente ai fini dell’esercizio delle funzioni regionali in materia” ed è pertanto stato reso ad uso esclusivamente interno, essendo la materia ricompresa nella competenza legislativa esclusiva dello Stato.
4. La decisione di utilizzare ad extra tale parere inoltre non è riconducibile all’avv. Balsamo ma al dott. Romagnoli, che con nota in data 06/09/2006 (3) lo ha trasmesso ai responsabili del servizio farmaceutico delle ASL e ai presidenti degli Ordini dei Farmacisti di Perugia e Terni

Nel merito
Il parere (4) reso dal dott. Fuoco si apre con una premessa mediante la quale si tenta di distinguere l’aspetto etico da quello giuridico della questione, dichiarando di voler trattare solo quest’ultimo. L’argomentazione tuttavia non è sorretta da logica interna posto che è lo stesso redattore a qualificare l’aspetto etico come “concernente l’eventuale sussistenza del diritto a non adempiere agli obblighi di legge” e ricadendo pertanto – anche sotto questo profilo, nell’ambito del diritto positivo.
Dopo la premessa il dott. Fuoco si limita a citare la norma di cui all’art. 38 del RD 1706/38 che impone al farmacista di vendere o procurare specialità medicinali dietro ricetta medica, trascurando volutamente di esaminare norme di rango costituzionale e ordinario che – direttamente o indirettamente – si occupano della questione.
Nel seguito – allo scopo di sostenere una insussistenza del diritto all’obiezione – il redattore incorre in un infortunio, citando completamente a sproposito la sentenza n. 12384/2002 TAR Lazio sez. III che si occupa di tutt’altra materia (la sentenza vieta la conservazione delle cellule staminali del cordone ombelicale ad uso privato).
Probabilmente la sentenza cui il dott Fuoco voleva far riferimento è la n. 8465/2001 TAR Lazio sez. I, nella quale tuttavia – contrariamente a quanto congetturato - non si fa alcun riferimento al diritto o meno all’obiezione di coscienza in favore del personale sanitario.
Tale citazione si risolve anzi a danno delle argomentazioni svolte dal redattore del parere, visto che fu proprio la sentenza in parola a vietare la vendita del prodotto “Norlevo” poiché “ai sensi dei principi sanciti dalla l. n. 74 del 1992 e dal d.lg. n. 541 del 1992” la casa farmaceutica titolare e la concessionaria non avrebbero “ tenuto conto della insufficienza del foglio illustrativo del prodotto al fine di una adeguata informazione circa le indicazioni terapeutiche in relazione alle diverse e successive fasi del processo biologico della procreazione, in presenza di differenziati orientamenti etici e religiosi sul momento iniziale della vita”.
In seguito a tale sentenza le società farmaceutiche hanno dovuto integrare il foglio illustrativo del prodotto, indicando chiaramente che lo stesso è idoneo a impedire “l’impianto dell’ovulo eventualmente fecondato (5) ”.
Il parere si chiude riportando il testo in lingua francese della decisione n. 49853/99 del “10/02/2001“ della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che avrebbe pronunziato “condanna dei farmacisti per rifiuto nella vendita di contraccettivi” (6) .
Anche in questo caso tuttavia si deve ritenere la citazione erronea sotto un duplice profilo formale e sostaziale: in primo luogo la sentenza non è del 10/02/2001 ma del 02/10/2001
La stessa inoltre non pronunzia alcuna condanna a carico di chicchessia, limitandosi a qualificare come irricevibile – dunque senza entrare nel merito - il ricorso presentato da alcuni farmacisti transalpini che erano stati condannati sulla base della normativa – diversa dalla nostra – all’epoca in vigore in Francia.
Tale decisione della Corte Europea deve dunque ritenersi del tutto ininfluente e anodina rispetto alla vicenda che ne occupa.
Con questo si crede di aver sgombrato il campo da quella che negli intenti della Sezione Consulenze Giuridiche voleva essere una bozza di comunicazione ad uso interno ed è stata invece trasformata in un clamoroso esempio di disinformazione ad opera della burocrazia regionale.
Stante la delicatezza della materia, può forse essere utile presentare alcune brevi considerazioni pro veritate, ragionevoli e giuridicamente fondate, circa il problema della c.d “contraccezione di emergenza” e delle sue implicazioni con riguardo all’esercizio della professione sanitaria.
1. La prima delle questioni da affrontare è quella relativa al momento iniziale della gravidanza e della vita umana secondo le risultanze scientifiche e giuridiche.
2. In seguito sarà opportuno indicare le norme e le pronunzie giurisprudenziali che regolano la materia senza dimenticare i principi costituzionali e generali posti a tutela della vita e dell’integrità della persona.
3. Si tatterà nel seguito l’argomento dell’obiezione di coscienza, con particolare riferimento alla professione del farmacista.
4. Infine si trarranno le logiche conclusioni di quanto illustrato.
* * *
1. Il momento iniziale della gravidanza e della vita umana
Cominciando la disamina della questione da notazioni di carattere meramente linguistico si osserva che per gravidanza si intende normalmente “nei mammiferi la condizione fsiologica della femmina fecondata” (7) ove il riferimento alla fecondazione e non al successivo impianto dell’ovulo fecondato fornisce con chiarezza il momento iniziale della gravidanza stessa. Su altro vocabolario di pari autorevolezza la gravidanza è definita “ Periodo necessario allo sviluppo completo del feto, dal concepimento al parto” (8) . La lingua italiana non lascia dunque dubbi circa il momento iniziale della gravidanza.
Secondo l’embriologia la gravidanza ha il suo inizio con la fecondazione dell’ovocita: sul testo di embriologia normalmente in uso presso le facoltà di medicina e chirurgia si legge infatti che “l'impianto del prodotto del concepimento nella parete uterina avviene durante il primo periodo della gravidanza” 9 .
Alcuni tuttavia sostengono che la gravidanza abbia il suo inizio con l’attecchimento dell’ovulo fecondato nell’utero materno. Secondo costoro dunque il Levonogestrel non causerebbe l’interruzione della gravidanza, impedendone l’inizio. Ciò sottrarrebbe l’assunzione dei prodotti farmaceutici in questione dalla disciplina di cui alla legge sull’aborto.
Il problema – che merita certamente un approfondimento - tuttavia non è ora in discussione, in quanto non si vuole trattare della commercializzazione del Norlevo ma dell’obiezione di coscienza.
Ciò che qui interessa non è dunque quale sia l’inizio della gravidanza, ma l’individuazione del momento iniziale della vita umana. E’ dunque indispensabile – per non lasciare il terreno della ragionevolezza - verificare quali siano le norme in vigore nel nostro ordinamento giuridico.
Ciò che ci interessa può essere rintracciato – tra l’altro - nel Codice Civile, nella legge 194/1978 e nella legge 40/2004.
Quanto al primo, è noto che l’art. 1 comma 2 (10) del Codice Civile – nel Titolo I dedicato non a caso alle “Persone fisiche” - si occupa del concepito; quest’ultimo dunque è considerato a tutti gli effetti quale persona fisica, anche se la norma subordina all’evento nascita i diritti che gli sono pur tuttavia riconosciuti, quali ad esempio la capacità di succedere. (11) ovvero di beneficiare di donazioni (12) . Il Codice fa esplicito riferimento al concepimento (e non certo al successivo annidamento nell’endometrio) quale momento rilevante per il diritto ai fini dell’individuazione dell’inizio della persona fisica.
Quanto alla legge 194/78, all’art. 1 si sancisce la tutela della vita umana dal suo inizio, senza distinguere tra concepimento o annidamento.
Quanto alla legge 40/2004, particolarmente interessante per quel che qui ne occupa è il suo art. 1 comma 1 (13) , che indica il concepito quale soggetto i cui diritti debbono godere di adeguata tutela. In questo modo la norma qualifica il concepito come soggetto del diritto, confermando quanto a suo tempo stabilito dal Codice Civile, e lo identifica chiaramente come portatore di diritti, meritevoli di tutela.
Per quello che qui interessa dunque è fuor di dubbio che – secondo il diritto positivo attualmente in vigore in Italia – la persona umana ha il suo inizio con il concepimento, vale a dire con la fecondazione dell’ovocita da parte dello spermatozoo.
2. La tutela della vita umana
Individuato dunque quello che per l’ordinamento giuridico italiano è il momento iniziale della vita umana, non resta che trarne le logiche conseguenze. Norme di rango costituzionale quali l’art. 2 e l’art.32 della Costituzione tutelano il diritto all’esistenza e alla salute dell’uomo. La legge 194/1978, oltre al già citato art. 1, nei successivi articoli da 17 a 20 punisce chiunque cagioni l’interruzione della gravidanza fuori dalle circostanze e dalle procedure indicate dalla legge stessa (stato di serio pericolo per la salute fisica o psichica della donna, ricorso al consultorio o al medico curante, ospedalizzazione in strutture autorizzate etc.).
Anche la Giurisprudenza costituzionale si è occupata spesso della questione. Basilare resta fra tutte la sentenza n. 27 del 1975, con la quale la Corte, nel dichiarare la illegittimità costituzionale parziale dell'art. 546 del codice penale del 1930, ebbe modo di affermare i principî di ordine costituzionale in materia. Disse la Corte – tra le altre cose - che “ha fondamento costituzionale la tutela del concepito, la cui situazione giuridica si colloca, sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie, tra i diritti inviolabili dell'uomo riconosciuti e garantiti dall'articolo 2 della Costituzione, denominando tale diritto come diritto alla vita, oggetto di specifica salvaguardia costituzionale”
Con successiva sentenza n. 35 del 1997 la medesima Consulta ha stabilito che nel citato articolo 1 della legge n. 194/78 ” è contenuta la base dell'impegno delle strutture pubbliche a sostegno della valutazione dei presupposti per una lecita interruzione volontaria della gravidanza, ma è ribadito il diritto del concepito alla vita. La limitazione programmata delle nascite è infatti proprio l'antitesi di tale diritto, che può essere sacrificato solo nel confronto con quello, pure costituzionalmente tutelato e da iscriversi tra i diritti inviolabili, della madre alla salute e alla vita.
Alla luce della normativa e della giurisprudenza sopra riportate deve pertanto ritenersi assolutamente certo che il diritto alla vita dell’essere umano trova nel nostro ordinamento costituzionale e legislativo una precisa e organica tutela fin dal concepimento.
3. L’obiezione di coscienza
La legittimità del decreto autorizzativo alla vendita dei prodotti farmaceutici a base di Levonogestrel e il suo eventuale contrasto con la legge sull’interruzione di gravidanza è stata presa in esame dal TAR Lazio, che con una sentenza del 2001 – dunque anteriore all’entrata in vigore della legge 40/2004 - ha per un verso ritenuta legittima la commercializzazione del prodotto, considerando quale prevalente la sua azione contraccettiva. D’altro canto ha tuttavia imposto – come già visto – che il foglio illustrativo indicasse chiaramente “le indicazioni terapeutiche in relazione alle diverse e successive fasi del processo biologico della procreazione, in presenza di differenziati orientamenti etici e religiosi sul momento iniziale della vita” (14) . La sentenza in ogni caso nulla dice circa la legittimità o meno di un’obiezione di coscienza.
Le case farmaceutiche si sono adeguate e il prodotto è stato riamesso in commercio. E’ noto in letteratura e ammesso dalle stesse case produttrici che gli effetti clinici del Levonogestrel, principio attivo dei prodotti Norlevo e Levonelle, possono realizzarsi mediante due diversi meccanismi, riportati dai relativi fogli illustrativi. Il principio può agire in via preventiva, inibendo o ritardando l’evento ovulatorio e impedendo dunque la fecondazione, ma vi è la possibilità che in altre condizioni il Levonogestrel interferisca con lo sviluppo embrionale quando - essendosi determinata la fecondazione - modifichi “la mucosa dell’utero rendendola inadatta all’impianto di un ovulo fecondato” (15) , ovvero “impedendo l’impianto dell’ovulo eventualmente fecondato” (16) .
E’ dunque pacificamente riconosciuto che tra i possibili effetti del prodotto – ove assunto dopo il concepimento - vi sia l’interruzione dello sviluppo del concepito e la sua conseguente eliminazione.
Sollecitato sul punto, il Comitato Nazionale di Bioetica, all’unanimità, si è pronunziato in favore dell’obiezione di coscienza, anche in assenza di peculiari normative in proposito (17) . Secondo l’autorevole organo, ogniqualvolta sia in gioco quantomeno il dubbio circa il diritto all’esistenza del concepito - costituzionalmente tutelato e garantito – è senza dubbio da accogliersi la possibilità per il medico e dunque anche per l’esercente la professione sanitaria (18) di rifiutare la prescrizione o la somministrazione di Levonogestrel.
Ed è fuor di dubbio (19) che il farmacista sia da considerarsi esercente la professione sanitaria.
Il medico il quale non intenda prescrivere o somministrare, ovvero il farmacista che non intenda vendere o procurare (20) il principio attivo in riferimento ai suoi possibili effetti post-fertilizzazione ha comunque il diritto di appellarsi alla “clausola di coscienza”, dato il riconosciuto rango costituzionale dello scopo di tutela del concepito che motiva l’astensione (cfr. p. es. Corte cost. n. 35/1997), e dunque a prescindere da disposizioni normative specificamente riferite al quesito in esame tra le quali il citato art. 38 R.D. 1706/38.
Il riferimento alla “clausola di coscienza” riflette, d’altra parte, quanto già previsto dal Codice Deontologico della FNOMCeO del 1998, che all’articolo 19 recita “Il medico al quale vengano richieste prestazioni che contrastino con la sua coscienza o con il suo convincimento clinico può rifiutare la propria opera, a meno che questo comportamento non sia di grave e immediato nocumento per la salute della persona assistita”, e per quanto concerne il farmacista non deve essere dimenticata la norma di cui all’art. 1 lett. B del vigente Codice Deontologico dei farmacisti ove si legge che “Il farmacista deve operare in piena autonomia e coscienza professionale, conformemente ai principi etici e tenendo sempre presenti i diritti del malato e il rispetto della vita” (21)
Entrambe le norme ribadiscono, per la coscienza, uno spazio di espressione maggiore di quello che le risulti esplicitamente attribuito da singole disposizioni di legge.
A questo si aggiunga che, nel caso di specie, potrebbe senza dubbio trovare applicazione, in favore dell’obiettore, l’art. 54 del Codice Penale, che prevede la non punibilità di chi abbia commesso il fatto “per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona”. Qualora infatti, in coscienza e conformemente al diritto positivo, si ritenga di non voler partecipare alla possibile soppressione del concepito, la circostanza di esclusione della pena dovrà essere sempre valutata in favore dell’obiettore (22) .
4. Conclusioni
In conclusione – prescindendo da qualsiasi considerazione ideologica o religiosa, ma restando ancorati alle emergenze giuridiche, scientifiche e alla logica della ragione – si può affermare che:
A) L’ordinamento giuridico in vigore oggi in Italia riconosce e tutela il diritto all’esistenza del concepito.
B) Il principio attivo Levonogestrel, contenuto nei prodotti Norlevo e Levonelle, qualora assunto dopo il concepimento, può interrompere lo sviluppo del concepito, provocandone l’eliminazione.
C) Ogniqualvolta sia in gioco quantomeno il dubbio circa il diritto all’esistenza del concepito - costituzionalmente tutelato e garantito – è senza dubbio da accogliersi la possibilità per l’esercente la professione sanitaria di rifiutare la prescrizione o la somministrazione del principio potenzialmente letale.
D) Ogni diversa raccomandazione, o peggio intimidazione, da parte di organi regionali, è pertanto giuridicamente illegittima e infondata sia sotto il profilo della competenza sia nel merito. Come tale deve pertanto esser ritenuta priva di qualsiasi efficacia e non può in alcun modo costituire un vincolo per la Pubblica Amministrazione e per gli esercenti la professione sanitaria.

Perugia, 12 ottobre 2006

Forum delle Associazioni Familiari dell’Umbria
Movimento per la Vita Umbro

1 Cfr. Circolare Ordine Farmacisti Perugia prot. N. 944 – n. 5/2006
2 Cfr. Comunicazione Giunta regionale reg. Umbria prot. N. 0133829 del 24/08/2006
3 Cfr. Comunicazione Giunta regionale reg. Umbria prot. N. 0139330 del 06/09/2006
4 Cfr. parere Sez. Attività di studio e consulenza giuridica privo di N. Prot e data, a firma del dott. Bruno Fuoco e indirizzato al dott. Carlo Romagnoli e alla Direzione Degionale Sanità e Servizi Sociali della Regione Umbria.
5 Cfr. Foglio illustrativo versione 2006 NORLEVO 750 microgrammi compresse GO3ACO3-levonogestrel
6 Cfr. parere cit. pag. 2 e 3
7 Cfr Devoto Oli “Vocabolario della lingua italiana” Le Monnier 2007
8 Cfr Zingarelli “Vocabolario della lingua italiana” Zanichelli 2006
9 Cfr. M.Barbieri, P.Carinci - Embriologia - Casa Editrice Ambrosiana, pag. 207
10 Art. 1 comma 2 Codice Civile: “I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita
11 Art. 462 comma 1 Codice Civile: “Sono capaci di succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell’apertura della successione.
12 Art. 784 C.C.
13 Art. 1 comma 1 L. 40/04: “Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito.
14 Cfr. TAR Lazio sez. I, sent. N. 8465/2001
15 Cfr Foglio Illustrativo “Levonelle”
16 Cfr Foglio illustrativo “Norlevo”
17 Cfr. Comitato Nazionale per la Bioetica - Nota sulla contraccezione d’emergenza - approvata il 28.05.2004
18 La legge 194/78 all’art. 9 riconosce il diritto all’obiezione al “personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie”
19 Il R.D. 27/07/1934, n. 1265, al capo I, intitolato “Dell’esercizio delle professioni sanitarie”, sottopone a vigilanza (art. 99) “l’esercizio della medicina e della chirurgia, della veterinaria, della farmacia,…” riconoscendole quali professioni sanitarie.
20 Cfr. R.D. 30-09-1938, n. 1706, Regolamenti, Art. 38 “I farmacisti non possono rifiutarsi di vendere le specialità medicinali di cui siano provvisti e di spedire ricette firmate da un medico per medicinali esistenti nella farmacia. I farmacisti richiesti di specialità medicinali nazionali, di cui non siano provvisti, sono tenuti a procurarle nel più breve tempo possibile (…)”
21 Cfr. Codice deontologico dei farmacisti
22 Anche a tutto concedere, la circostanza dovrà in ogni caso essere riconosciuta, quantomeno a livello putativo (art. 59 c. 4 C.P.)